II DOMENICA DI AVVENTO

20 Novembre 2016

Le letture di questa seconda domenica di Avvento sono legate tra di loro da un tema comune che si può riassumere con le parole di Giovanni Battista che abbiamo appena letto nel vangelo: ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. Cioè, Dio vuole che tutti siamo salvi. Gli ebrei, i circoncisi, pensavano di essere solo loro a salvarsi. Come magari anche noi cristiani battezzati potremmo pensare di essere solo noi a salvarci. Paolo, invece, da buon ebreo, diventato cristiano, si rivolge alle genti, cioè ai pagani, ai non circoncisi, dicendo che la salvezza è anche per loro. Ma già i profeti prima del Battista e prima di Gesù avevano capito questa cosa. Un esempio ci viene dalle parole del profeta Baruc ascoltate nella prima lettura. Baruc pensa agli ebrei che erano stati in esilio a Babilonia e a Gerusalemme che era stata distrutta, e dice: Gerusalemme, guarda ad oriente dove c’è Babilonia, e fallo con gioia perché da lì tutti i tuoi figli faranno ritorno. Erano partiti a piedi inseguiti dai nemici, come prigionieri di guerra, ma ritorneranno a Gerusalemme come uomini liberi e il tuo splendore lo vedrà ogni creatura sotto il cielo. E verranno “dal sorgere del sole al suo tramonto”, cioè da oriente ad occidente, ad indicare che la salvezza non è per il solo Israele. E i cristiani fin dall’inizio hanno inteso queste parole come rivolte alla Chiesa: la Chiesa cioè è chiamata da Dio ad annunciare la salvezza a tutti i popoli della terra, e infatti abbiamo pregato col salmo chiedendo al Signore che tutti i popoli della terra lo riconoscano come Dio e vedano la sua bontà: acclamate al Signore voi tutti della terra perché il suo amore è per sempre. Noi nel Credo ripetiamo sempre che per noi uomini e per la nostra salvezza il Figlio di Dio, Gesù, è disceso dal cielo, si è fatto carne, si è fatto uomo. Ma da cosa ci salva Gesù? e quindi che cos’è questa salvezza? Noi capiamo cos’è la salvezza quando stiamo male e siamo in mezzo ai guai, come uno che sta annegando e grida aiuto. Quindi vorremmo che Dio ci salvasse dai problemi, dai dolori, dalle tragedie, dalle malattie, dalla morte. Quando questo non succede, ci arrabbiamo e molti infatti perdono la fede. Che da un lato è anche una cosa positiva, perché il Dio inteso come assicurazione contro gli infortuni non esiste. In realtà Gesù ci ha mostrato che Dio ci salva non dai problemi e dalle sciagure, ma dalla paura di pensare di essere soli in mezzo ai problemi e alle sciagure, perché Gesù per primo, Dio fatto uomo, ha sperimentato questo ed è il Dio con noi, l’Emmanuele. Ci salva dal peccato (e infatti il nome Gesù significa “colui che salva dal peccato”), perché il peccato è uno solo: avere paura di Dio, credere che noi siamo amati solo se siamo bravi, e da questo peccato nasce la tristezza che ci fa diventare cattivi e incapaci a nostra volta di amare gli altri: se non mi sento amato, accolto e perdonato, divento così con gli altri (dalla tristezza nascono i peccati). Sulla croce, perdonando tutti, ci ha salvato da questa paura perché ci ha fatto vedere che è vero il contrario. E ci salva infine non dalla morte, ma dalla paura della morte, mostrandoci che da Dio veniamo, in Dio e di Dio viviamo, verso Dio andiamo. Gesù chiamava “battesimo” la sua morte, perché la parola battesimo significa “immersione nell’acqua”, e un uomo immerso nell’acqua dove non può respirare, muore. Col suo battesimo, cioè con la sua morte, Gesù ci salva dalla paura della morte perché risorge, perché ci fa vedere che quando moriamo incontriamo Lui, e che in questo si rivela l’amore di Dio. Ecco perché sempre nel Credo ripetiamo: professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E’ il battesimo in Spirito santo e fuoco di cui parlava Giovanni Battista. E allora cosa dobbiamo fare per essere salvi? Per tre volte ricorre nel vangelo di oggi questa domanda. Dobbiamo battezzare tutti quelli che non sono battezzati? No, di per sé non dobbiamo fare nulla, perché noi da soli non ci salviamo. Semmai la domanda corretta è un’altra: cosa dobbiamo fare per ACCOGLIERE la salvezza che ci viene donata dal Signore? Anzitutto, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, dobbiamo far scoprire a tutti quelli che non lo sanno qual è la salvezza di Dio, ma per farlo dobbiamo averlo capito noi, e per capirlo dobbiamo capire il significato del nostro Battesimo. Poi dobbiamo “colmare le valli, livellare il terreno, raddrizzare i sentieri, riempire i burroni, spianare le vie tortuose” (come diceva sempre il Battista nel vangelo di oggi riprendendo proprio le parole ascoltate dal profeta Baruc). Che tradotto vuol dire coltivare la nostra interiorità cercando di togliere tutto ciò che è di inciampo. E come si fa a fare questo? Prima di tutto ascoltando la Parola di Dio, quella Parola che, abbiamo all’inizio del vangelo, venne su Giovanni nel deserto, il luogo del silenzio, e dunque imparando anche noi a trovare momenti e luoghi di silenzio nei quali far risuonare in noi la sua Parola che ci salva e ci libera da tutte le parole false che ascoltiamo ogni giorno, nelle quali crediamo e dalle quali nascono poi tutte le paure da cui la Parola di Dio ci salva. E da ultimo cosa dobbiamo fare per essere salvi? Portare frutti degni di conversione, diceva il Battista. E cioè, per usare le parole di san Paolo: avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti di Gesù. E avere gli stessi sentimenti di Gesù significa vivere come figli del Regno, che è il titolo di questa seconda domenica di Avvento, cioè imparare a vivere con la consapevolezza che siamo figli amati e che dobbiamo amare i fratelli nella vita concreta di ogni giorno, come spiega il Battista alle folle, ai pubblicani e ai soldati. Non dice loro di cambiare professione, ma di vivere la loro professione con un cuore nuovo, il cuore di un figlio che ama il fratello: se hai due tuniche, danne una a chi non ce l’ha; se sei un pubblicano che deve riscuotere le tasse, fallo, ma non fare lo strozzino; se sei un soldato che deve garantire l’ordine, fai questo e non abusare della tua posizione con la violenza. (Devo stare attento ai bisogni degli altri anziché non interessarsi del prossimo – proposta della settimana per i ragazzi). Se dunque l’Avvento è il tempo favorevole nel quale imparare ad accorgerci della presenza del Signore che viene a noi per donarci la sua salvezza con la sua Parola, con l’Eucaristia, col suo Spirito, con la sua presenza nel volto dei fratelli, com’è importante che ciascuno di noi, personalmente, cerchi di entrare in contatto con Lui, di non restare in superficie, e che si chieda: e io cosa devo fare per accogliere la sua salvezza? E soprattutto cercare di rispondere a questa domanda.
don Marco Rapelli.