V DOMENICA DI AVVENTO
11 Dicembre 2016
L’Avvento è il tempo che ci richiama il fatto che Dio è colui che continua a venire, è l’eterno presente. Secondo me
non serve a niente dire che l’Avvento serve per prepararci al Natale, perché io mi chiedo cosa vuol dire e cosa serve
prepararsi al Natale. Il Natale c’è già stato 2016 anni fa quando Dio si è fatto uomo in Gesù, e Gesù è morto e risorto
una volta per tutte, per cui a cosa dobbiamo prepararci? Semmai dobbiamo sempre più capire la portata
straordinaria del fatto che Dio si è fatto uomo, cioè cosa vuol dire il fatto che Dio si è fatto uomo, e sarà il tempo di
Natale ad aiutarci a capirlo. Il punto è un altro: che Gesù è il Vivente che continua a venire oggi per incontrarci, per
incontrare me e ciascuno di noi, e allora l’Avvento serve per aiutarci a capire che tutta la vita ci è data per imparare
ad accogliere questo Signore che continua a venire. Bene, detto questo, avrete notato che il titolo di questa quinta
domenica di Avvento è: “Il precursore”. “Precursore” è un termine che deriva da due parole latine: “prae”, ovvero
"avanti" e “cursorem” ossia "che corre", e quindi “precursore” significa “colui che giunge prima di un altro per
annunziarne l’avvento, cioè la venuta". Questo vuol dire che se nessuno annunzia la sua venuta, nessuno se ne
accorge. E siccome stiamo parlando della venuta del Signore, ecco che la liturgia di questa domenica vuol mostrarci
chi è il precursore del Signore, cioè chi è che giunge prima di Lui per annunziare la sua venuta. Detto altrimenti, le
letture di oggi ci aiutano a capire come dobbiamo fare per accorgerci che Dio è l’eterno presente che continua a
venire, perché altrimenti viviamo la vita senza accorgerci della sua presenza. E guardando da vicino queste letture, ci
vengono presentati tre precursori del Signore che rappresentano tre modi molto concreti coi quali imparare ad
accorgerci della presenza di Dio nella nostra vita. Nella prima lettura, il profeta parla di un messaggero, chiamato
angelo dell’alleanza (e la parola angelo significa appunto messaggero) che ha il compito di far si che il Signore possa
entrare nel suo tempio. Siccome il popolo d’Israele aveva abbandonato il Signore adorando gli idoli e facendo il male
(vi siete allontanati dai miei precetti, non li avete osservati), il profeta si immagina che il tempio dove Dio risiede sia
vuoto, e allora si immagina che questo messaggero entra nel tempio per purificarlo: col fuoco brucerà gli idoli, con la
lisciva (cioè col detersivo) dei lavandai purificherà tutto. Cosa significa questa immagine? Gesù spiegherà che il
tempio di Dio è il nostro cuore, siamo noi. Spesso non ci accorgiamo della presenza di Dio in noi, siamo distratti,
adoriamo altri dei, compiamo il male e l’ingiustizia. E dunque abbiamo bisogno di purificazione interiore perché noi
non ci accorgiamo della presenza di Dio per via del nostro cuore che non è puro, perché è pieno di pensieri, desideri
e preoccupazioni che ci distolgono da noi stessi. Dunque, il primo precursore, il primo modo per accorgerci della
presenza di Dio che viene è svuotare la mente e il cuore da quei mille pensieri che ci distraggono e che diventano le
nostre principali preoccupazioni, per cui trovo il tempo per fare tutto, tranne la cosa più importante che è quella di
fare spazio a Dio. E in che modo devo fare spazio al Signore? Ecco il secondo precursore di cui parla san Paolo nel
brano della lettera ai Galati, un messaggero che Paolo chiama pedagogo. Il pedagogo era lo schiavo che si occupava
dei figli di minore età del padrone, li conduceva a scuola per affidarli al maestro e aveva il compito di sorvegliare,
preservare, mettere in guardia. Questo pedagogo, dice san Paolo, è la Legge che Dio diede a Mosè, la Parola di Dio
dell’Antico Testamento. Questa Parola aveva il compito di preparare il popolo di Dio ad accogliere Gesù. Purtroppo
per molti non fu così. E purtroppo anche per noi. Allora, se la prima cosa da fare per accorgerci che Dio continua a
venire è purificare il nostro cuore dalle distrazioni, il secondo modo è riempire il cuore dell’ascolto della Parola di
Dio, come stiamo facendo adesso. Perché, come scrive san Giovanni al termine del brano di vangelo di oggi: “Dio
nessuno lo ha mai visto: il Figlio Unigenito, che è Dio, è lui che lo ha rivelato”. E dunque è solo ascoltando, leggendo,
capendo e meditando la Parola di Dio che possiamo riempirci di Dio e del pensiero di Cristo capace di scacciare tutti
gli altri nostri falsi pensieri su Dio, su noi stessi, sugli altri, sulla vita e sulla morte che ci vengono dall’ascolto di mille
altre parole, tranne che di quella più importante di tutte. E così giungiamo al terzo precursore, capace di aiutarci ad
avvertire la presenza di Dio nella nostra vita, ed è proprio il vangelo di oggi a mostrarcelo: è Giovanni Battista, che
viene chiamato “testimone della luce”, mandato perché tutti credessero in Gesù per mezzo di Lui. E qui è dura: per
accorgerci della presenza di Dio nella nostra vita occorrono persone, maestri che per primi hanno visto questa luce.
Non è facile trovarli, ma ci sono. Purtroppo noi, invece di cercare, anche con dei buoni libri, la compagnia di santi e di
maestri, perdiamo il tempo dietro a ciarlatani. Ho sempre trovato formidabile la risposta che diede una persona che
stimo molto quando gli chiesero: “Secondo lei chi vincerà quest’anno l’edizione del Grande fratello?” Ed egli rispose:
“Vede, a me non interessa sentirmi intelligente ascoltando dei cretini che parlano... Preferisco sentirmi cretino
ascoltando persone eccellenti”.
don Marco Rapelli