III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO
18 settenbre 2016
Le letture di queste domeniche dopo il Martirio di san Giovanni Battista vogliono aiutarci a guardare il mistero di Gesù, aiutarci cioè a considerare vari aspetti della persona di Gesù, a rispondere insomma alla domanda delle domande: chi è Gesù? E le letture di questa domenica ce ne danno tante di risposte che vanno comprese dalla frase centrale della lettera agli Ebrei, dove si dice di tenere fisso lo sguardo su Gesù che è colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Cosa vuol dire questa frase? Vedete, la fede in Dio, a differenza di quanto banalmente spesso si pensa e si dice, è quanto di più naturale e ragionevole ci sia. Chi non crede in Dio, crede in qualcos’altro. Fede vuol dire fiducia, e senza fede non si vive e non si fa nulla. Nessuno mangerebbe nemmeno un piatto di minestra se non avesse fiducia in chi l’ha preparata. La fede in Dio nasce col primo uomo comparso sulla faccia della terra: non c’è popolo che non abbia una religione. Perché credere in Dio vuol dire vuol dire dare un volto, un nome, un fondamento, una sorta di garanzia alle più grandi speranze che portiamo nel cuore, al desiderio di bene, di amore, di giustizia, di verità, di vita che tutti ci portiamo dentro. Non riusciamo a vivere se pensiamo di venire dal nulla e di finire nel nulla. Non accettiamo che la morte del corpo sia la fine di tutto. Non possiamo vivere se non ci sentiamo amati e non amiamo. Non ce la faremmo a superare tutti gli eventi catastrofici della vita se non avessimo fiducia nel fatto che domani andrà meglio. Ora, perché abbiamo nel cuore questi desideri? Da dove nascono? Qual è la loro origine? Per mezzo di lui tutte le cose sono state create, diciamo nel Credo. L’origine della fede è Gesù stesso, il Figlio di Dio fatto uomo che chiama Dio col nome di Padre, come viene ripetuto più volte nel vangelo di oggi. Noi siamo stati creati a immagine di Gesù, e quindi portiamo tutti necessariamente nel cuore il bisogno di sentirci figli amati da un Dio che è Padre, è qualcosa che sentiamo dentro: è lo Spirito di Dio dentro di noi che ci porta geneticamente alla fede. In questo senso la fede è un dono. Qualcuno dice: io non ce l’ho, e se Dio esiste, questo dono non me l’ha dato. Non è vero. Il problema è un altro. E’ che la vita è così strana, complessa, e spesso picchia così duro che siamo portati, tutti, chi più chi meno chi purtroppo totalmente, a pensare e a credere nelle nostre paure, che niente abbia senso (e anche questa non fede è fede), oppure che Dio sia cattivo, che ci voglia male, che voglia punirci, pensare che i mali che ci sovrastano siano il modo con il quale egli ci castiga per i nostri peccati (e qui sarebbe meglio perdere una fede così). Sentimenti bene espressi dalla pagina poetica di Isaia che abbiamo letto. Però già, se andate a rileggerla bene, veniva fuori che Dio non può essere così, e infatti le parole finali sono quelle di un Dio misericordioso che perdona il suo popolo. E da cosa nasce questa intuizione? Appunto dal fatto che geneticamente sappiamo di essere oggetti di un destino buono che ci precede, e questo deriva appunto dal fatto che siamo creati come figli a immagine di Gesù. Ma che Gesù sia all’origine della fede vuol dire anche un’altra cosa: che Gesù è all'origine di ogni autentico atteggiamento di fede, è colui cioè che ci fa vedere cosa vuol dire avere fede in Dio. Tanti sono stati i testimoni della fede, dice sempre la lettera agli Ebrei. Anche Giovanni Battista, dice Gesù nel Vangelo di oggi, è stato un testimone. Ma la testimonianza di Gesù è più grande di quella di tutti gli altri perché ci rivela chi è veramente Dio e cosa vuol dire aver fede in Lui, perché Lui viene direttamente da Dio, è l’incarnazione stessa di Dio. Gesù testimonia che Dio è Padre che ama i suoi figli perché egli sa e sente di essere Figlio amato, e agisce di conseguenza, nel senso che le sue opere a loro volta testimoniano la verità di quanto Gesù andava dicendo, perché erano opere che facevano vedere l’amore smisurato del Padre, in quanto Gesù, sentendosi figlio amato, considerava e dunque trattava tutti gli uomini come suoi fratelli. Ma c’è anche l’altra frase: non solo Gesù è all’origine della fede, ma è anche colui che la porta a compimento. Cioè, è colui che con la sua risurrezione, passando proprio attraverso l’esperienza che facciamo tutti, della sofferenza e della morte, ci mostra che le nostre speranze più profonde che si esprimono nella fede e che quando vengono deluse portano al dubbio o a perdere la fede, sono invece ben riposte, non sono un’illusione. Gesù realizza, compie tutte le attese di gioia che si esprimono con la fede. Per cui, dice: viene l’ora, ed è questa, in cui i morti che udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Non parla dei morti nel sepolcro, ma di noi: se non ascoltiamo e crediamo nella sua voce, nella sua Parola, in quello che ci ha detto, siamo come morti, mentre se ora ci crediamo, risorgiamo. Ed è questo il tremendo giudizio di Dio (altra parola che insieme a testimonianza compare più volte nel vangelo di oggi), il giudizio che il Padre ha dato in mano a Gesù, che dice: io da me non posso fare nulla, perché quello che sono deriva dal fatto di essere suo figlio, e quello che faccio è di conseguenza la volontà del Padre che è quella di amare tutti i suoi figli, per cui, sentendomi da Dio giudicato come suo figlio, io giudico tutti come fratelli da amare perché tutti, così, si sentano figli amati, e infatti dalla croce Gesù perdona tutti. Ecco il giudizio stupendo di Dio che ci libera dalla falsa idea di Dio che ci porta a pensare il suo giudizio come tremendo. Vedete dunque come il problema, a questo punto, non è il giudizio che Dio ha su di noi, ma il giudizio che noi abbiamo su Dio, da cui deriva il giudizio che abbiamo su noi stessi, sugli altri, sulla vita e sulla morte. Se vediamo e viviamo le cose come Gesù, con la fede di Gesù, allora risorgiamo come Gesù, perché sentiamo come questa fede davvero compie, realizza i desideri più profondi che ci portiamoci accorgiamo, che sono dentro di noi perché appunto originariamente noi siamo di fatto figli amati, e Gesù rivela così la verità di noi stessi, quella che è all’origine della fede, che fa scaturire la fede. La prova, dunque, che la testimonianza di Gesù su Dio è vera ce la da la vita stessa. Fede è credere che Gesù ha ragione, fidarsi di lui, e la prova che lui ha ragione e che questa fede è ben riposta e non è un’illusione, ce la da la vita stessa, perché se facciamo la sua Parola, se viviamo seguendo il suo Spirito, se viviamo come lui, ci sentiamo risorti ora, altrimenti siamo condannati a vivere una vita d’inferno. (don Marco Rapelli)